Finiture Green

Uso dei colori nelle città per migliorare gli effetti climatici

Massimo Duroni

Uno dei primi sistemi di condizionamento degli edifici fu proprio il colore: il bianco dei trulli pugliesi non è casuale. Oggi i piani colore delle città il più delle volte rispettano semplicemente le cromie locali, dimenticando l’insegnamento dei nostri antenati. È stato calcolato che, se tutti i tetti degli USA fossero colorati di bianco e non con catrame, si aumenterebbero le prestazioni termiche degli edifici fino a risparmiare l’equivalente energetico consumato da due importanti città americane.

Come facevano una volta a sopravvivere nel Sud Italia in case surriscaldate dal sole della canicola? Non c’era aria condizionata, non c’erano frigoriferi né tormentoni estivi per rinfrescare l’ambiente. Pensiamo a qualche centinaia di anni fa, a cinquecento, a mille. In una terra restìa nel concedere risorse, con poche maestranze specializzate e nessuna diffusione dei saperi, se non per tramite della Chiesa, e riservati solo ai luoghi di culto o del potere. L’architettura vernacolare aveva bisogno di esprimersi in una propria dimensione con regole dettate dal bisogno del momento. In questo contesto nasce il concetto di urbanistica spontanea guidata dai venti, dalle vie di comunicazione e dall’orografia. Molti dei nostri paesi mediterranei sono stati costruiti orientando l’asse principale secondo la direzione dei venti prevalenti, spesso verso il mare da dove arrivava la brezza distribuita all’urbe senza ostacoli ma fluendo leggera e fresca tra i vicoli progettati in modo da non ostacolarne il passaggio.

ARCHITETTURA BIOCLIMATICA

L’ABC, acronimo di architettura bioclimatica, nasce spontaneamente in questo contesto. L’ABC è l’inizio, comincia dalla necessità di massimizzare i risultati con poco a disposizione per fornire protezione da intemperie e nemici ma anche per garantire un confort termico per quanto possibile. Con la prima rivoluzione industriale, la tecnologia, non la tecnica che già c’era ai tempi delle caverne, si diffonde con forza nell’ambito architettonico domestico e industriale. Molte sono le maestranze che si concentrano nelle città, così la “scienza dell’arte del fare” comincia a standardizzare i bisogni e le risposte secondo regole scritte a tavolino da uomini libro e non più dagli artigiani dal sapere genealogico. Come su due binari differenti, il saper fare si scinde tra produzione edilizia progettata e standardizzata contro la cultura del luogo, della soluzione su misura a problemi spesso unici. I trulli sono un bellissimo esempio di tecnica raffinata senza pedigree (lib. cit.) che ha attraversato la nostra storia, pare fin dalla preistoria.

IL TRULLO

Ogni singolo elemento di questo manufatto agricolo è stato testato migliaia di volte per centinaia d’anni sostituendo di volta in volta gli interventi meno performanti fino ad arrivare alla versione che noi oggi conosciamo. Una vera macchina da abitare. Un luogo. In grado di abbattere anche di dieci gradi la ferocia della temperatura esterna nelle campagne pugliesi senza l’utilizzo di alcuna fonte di energia non rinnovabile. Ma come è possibile? Quella del trullo, nata inizialmente per proteggere temporaneamente i pastori, è una macchina vera e propria. Un sistema che funziona grazie all’utilizzo di più accorgimenti. L’altezza e la conicità della volta permettono l’ascesa dell’aria più calda, lo spessore dei muri con un’alta massa termica sposta la temperatura interna dalla notte al giorno successivo ma la cosa più importante è la scelta cromatica esterna. Il bianco.

BIANCO

Un colore quasi accecante ridondante e che avvolge tutto il paese aumentando al massimo l’effetto albedo. Basterebbe uno spostamento di poco nel gradiente cromatico per aumentare in maniera esponenziale la temperatura superficiale del materiale esterno vanificando quindi l’inerzia termica e rendendo superflui i moti convettivi. Possiamo quindi dire che uno dei primi sistemi di condizionamento degli edifici fu proprio il colore. Non c’era possibilità di scelta. Qualsiasi colore differente dal bianco avrebbe fatto innalzare in maniera incontrollabile la temperatura. Questo mi ricorda un vecchio slogan di Ford nel lancio della T model: “Scegli qualsiasi colore purché nera” ma al contrario. In alcuni paesini in luoghi altolocati l’intonaco a calce aveva anche la funzione di disinfettare l’acqua che scorreva sui tetti e per le vie fino a raggiungere una enorme cisterna nel terreno che avrebbe fornito acqua ai paesi sottostanti. Ma questa è un’altra storia.

SCELTA DEL COLORE IN AMBITO URBANO

Oggi la scelta del colore dovrebbe essere regolamentata dai Piani Colore che molti dei Comuni italiani hanno già redatto. Il più delle volte si rispettano semplicemente le cromie locali, scelte in base ai colori precedenti o, sempre più spesso, dettate dal gusto del singolo e da necessità commerciali come quelle di un fast food. Fino ad arrivare a proposte non regolamentate come quella recente di un hotel colorato interamente di nero opaco sulla cui facciata sarebbe possibile cuocere, in orizzontale, una pentola di pasta oppure, come è successo ad un mio collega, in un ufficio tecnico di un Comune a nord di Milano, a chiedere di visionare il campione di bianco che l’architetto avrebbe utilizzato per colorare un capannone in periferia. Nella giungla “armocromatica” tra normative draconiane o Far West cromatico, spuntano le aziende. Quelle che sanno sperimentare e proporre alternative interessanti. È stato calcolato che se tutti i tetti degli USA fossero colorati di bianco e non con catrame, l’effetto albedo aumenterebbe migliorando le prestazioni termiche dell’edificio fino a risparmiare l’equivalente energetico consumato da due importanti città americane.

Considerando quanto spendono per l’aria condizionata gli americani, questa notizia non è così improbabile. Alcuni hanno obiettato che cambiando il colore da nero a bianco anche le prestazioni invernali potrebbero peggiorare ma evidentemente meno di quanto non succeda in estate. Inoltre le stesse aziende sono riuscite ad arricchire i colori con cristalli in grado di riflettere la luce del sole anche con una superficie scura in modo da non dover limitare la scelta cromatica a due sole gradazioni. Se l’architetto che ha progettato quel famoso hotel l’avesse saputo, oggi non avremmo in Milano una stufa di centinaia di m2 perennemente accesa in estate.

La potenza del colore sconfina addirittura ai poli e sulle cime delle nostre montagne. Ad esempio, se la neve non fosse bianca si scioglierebbe completamente e la Terra non sarebbe vivibile da noi umani. Per questa ragione c’è un altro allarme ambientale poco comunicato che è l’eccessiva concentrazione di polveri nell’atmosfera. Questo inquinante si deposita facilmente sulla superficie della neve rendendola un po’ meno bianca ma conseguentemente alzando anche di poco la temperatura superficiale e causando quindi uno scioglimento più veloce del ghiaccio.

CONCLUSIONI

Alcune aziende oggi sono in grado di riprodurre l’effetto albedo anche senza necessariamente utilizzare il bianco. Questo risultato permette quindi di mantenere più fresche le superfici esterne pur con una scelta cromatica soddisfacente. La mimesi della natura non si limita più quindi all’imitazione degli effetti naturali per ceramiche, metalli, plastiche ma è utile soprattutto per migliorare la nostra qualità di vita così come è stato fatto con i fili di sutura ispirati alle ragnatele, adesivi che si attaccano in acqua come fanno i mitili ed arti meccanici ispirati ai crostacei.

Grazie alle ricerche nel campo del risparmio energetico, della protezione e durata, del consolidamento, il colore oggi conosce una nuova stagione non più solo estetica ma soprattutto tecnologica con un grosso impatto positivo sulla sostenibilità ambientale e l’LCA.

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